La consapevolezza di sé e dell'ambiente in cui vive, induce la Creatura a interrogarsi sulla propria esistenza, dunque sulla sua origine, dunque su un possibile Creatore. Per l'Uomo, la risposta a queste domande ha impegnato pensatori di ogni epoca e civiltà, dalle riflessioni di Platone e Aristotele nella Grecia classica, alle indagini di Confucio e Lao Tzu nell'antica Cina, dalle illuminazioni di Buddha e dei saggi Upanishad in India, alle elaborazioni teologiche di Sant'Agostino e Tommaso d'Aquino nel Cristianesimo medievale, fino alle critiche nella filosofia moderna. Spesso tutto ciò comportando conflitti aspri e violenti, ma senza una soluzione definitiva.
In questa riflessione, si propone una nuova ipotesi per rispondere al quesito sull'esistenza di un Creatore: definire Dio come "tendenza". Tale idea apre a nuove interpretazioni del divino. Cosa significa esattamente "Dio come tendenza"? È utile considerare come questo concetto si inserisca nel panorama del pensiero filosofico e religioso. Già alcuni pensatori, pur con differenze significative, hanno toccato temi affini alla "tendenza" verso Dio: Aristotele con il suo concetto di "telos", ovvero la tendenza di ogni essere verso la realizzazione della propria natura, Plotino e i neoplatonici con la loro visione di un universo emanato dall'Uno, da cui ogni creatura proviene e a cui aspira a tornare, i mistici cristiani e orientali con la loro ricerca di unione con il divino, attraverso l'esperienza estatica e la contemplazione, e persino Kierkegaard con la sua enfasi sul "salto di fede", inteso come atto libero e personale di affidamento a Dio.
Approfondendo ulteriormente questa ipotesi, emerge il ruolo cruciale della consapevolezza della Creatura nel definire la propria "tendenza" verso Dio. L'ipotesi qui avanzata si distingue per alcuni aspetti fondamentali, come l'impossibilità di raggiungere una completa fusione con il Creatore e il ruolo centrale della consapevolezza della Creatura nel definire la "tendenza". Non si tratta semplicemente di seguire un istinto o una predisposizione innata, ma di un processo che si attiva quando la Creatura comprende di essere parte di un sistema complesso e chiuso, preordinato da un'entità che la trascende. Tale consapevolezza genera una serie di interrogativi sulla propria esistenza, sulla propria origine, sul proprio ruolo nel cosmo. La "tendenza" verso Dio si manifesta quindi come una ricerca di senso, un desiderio di comprendere il fine ultimo della propria esistenza e di connettersi con qualcosa che vada oltre i limiti del proprio mondo.
Tra i filosofi che si sono avvicinati alla concezione di "Dio come tendenza", Hegel merita una particolare attenzione. Nella sua filosofia, Dio è concepito come Spirito Assoluto, un'entità dinamica e in continua evoluzione che si manifesta nella storia attraverso la coscienza umana. L'uomo, nel suo percorso di conoscenza, "crea" Dio come culmine del processo di autocoscienza. Questa visione presenta delle affinità con la nostra ipotesi, in particolare per l'idea di un Dio "in divenire" che si realizza attraverso la creatura. Tuttavia, Hegel ritiene che l'uomo possa raggiungere l'unione con lo Spirito Assoluto, mentre nella nostra concezione la Creatura non può mai identificarsi completamente con il Creatore, a causa della sua natura finita e limitata. Inoltre, Hegel non parla esplicitamente di una "creazione" di Dio da parte della creatura, mentre noi sottolineiamo il ruolo attivo della Creatura nel "plasmare" la propria immagine di Dio.
Tuttavia, questa consapevolezza si scontra con un paradosso fondamentale: la Creatura può concepire l'idea di Dio, formularla nel proprio pensiero, ma non potrà mai conoscerlo completamente né eguagliarlo. Infatti, la Creatura, pur nella sua consapevolezza, rimane intrinsecamente limitata dalla sua natura finita e dipendente. Il Creatore, al contrario, è la fonte stessa dell'esistenza, l'origine di ogni cosa, e come tale rimane per la Creatura un mistero insondabile. L'asimmetria, l'inconoscibilità e la libertà che caratterizzano il rapporto tra Creatore e creatura impediscono una completa fusione. La Creatura può solo tendere verso Dio, cercarlo, avvicinarsi a lui, ma non potrà mai identificarsi completamente con lui, né comprenderne appieno l'essenza. In questo senso, è la Creatura stessa che, nel suo sforzo di comprensione, "crea" Dio, plasmandolo a sua immagine e somiglianza, proiettando su di lui i propri desideri, le proprie paure, le proprie aspirazioni. Come affermava Feuerbach, "Non è Dio che ha creato l'uomo, ma l'uomo che ha creato Dio". Questo paradosso è un elemento fondamentale nella ricerca di Dio, un limite che la Creatura deve accettare e che la spinge a una continua riflessione sul mistero dell'esistenza.
In questo processo di "creazione" di Dio, la Creatura plasma un'immagine divina a propria misura, un Dio che risponde alle sue esigenze, ai suoi desideri, alle sue paure. Questo "Dio immaginato" diventa un punto di riferimento, una fonte di senso, una guida nel cammino di vita. Come afferma Nietzsche, la "morte di Dio" apre la possibilità per l'uomo di diventare "Oltreuomo", creando i propri valori e il proprio senso della vita. Tuttavia, a differenza dell'Oltreuomo che si fa Dio di se stesso, la Creatura che crea Dio non può che immaginarlo come un "sé stesso perfetto", un ideale irraggiungibile, proiettando su di lui le proprie aspirazioni e i propri desideri di pienezza. In modo simile, Jung vede l'archetipo di Dio come una rappresentazione simbolica del Sé, la totalità della personalità, che l'uomo "crea" nella propria mente per dare un senso alla propria esistenza.
La "tendenza" verso Dio è un moto di attrazione verso l'entità causale, un processo di crescita interiore, una ricerca di autenticità e di realizzazione del proprio potenziale. Immaginando Dio come un "sé stesso perfetto", infinitamente potente, la Creatura gli attribuisce caratteristiche in qualche modo immaginabili, pur se amplificate all'infinito. Si pensi, ad esempio, all'idea dell'apertura del "terzo occhio", un potenziamento che consente di "vedere" l'invisibile, ma che rimane pur sempre un potenziamento strumentale, concepibile nella dimensione umana. Ognuno tenderà dunque a sviluppare ciò che ritiene attribuibile a Dio, e ciò varierà da creatura a creatura, da individuo a individuo. Questo cammino di crescita è però infinito, poiché la Creatura, per definizione priva dei reali attributi di Dio, non potrà mai raggiungerli completamente. È come cercare di far incrociare due rette parallele: la dimensione finita della Creatura e l'infinita potenza del Creatore rimarranno per sempre separate. Eppure, come ci suggerisce il racconto "L'ultima domanda" di Asimov, Dio, pur nella sua inconoscibilità, è ciò di cui abbiamo bisogno per giustificare noi stessi e si può trovare in qualunque dimensione, nel suo rapporto fra se stesso e il sistema creato.
In conclusione, la percezione di Dio come tendenza, superando le specificità tradizionali filosofiche e religiose, definisce il bisogno della Creatura di non sentirsi finita, limitata, priva di senso. La focalizza verso l'elevazione, il potenziamento di sé. Offre anche un ulteriore fondamento all'idea della fratellanza fra le creature, poiché ne sottintende la uguale relazione con il Creatore, accomunate dalla medesima "tendenza" verso la trascendenza e la ricerca di senso. La concezione di "Dio come tendenza" non solo illumina il rapporto tra Creatura e Creatore, ma getta anche una nuova luce sulle relazioni tra le creature stesse, invitando a una maggiore comprensione e solidarietà reciproca. Il cammino verso l'infinito è al contempo individuale e collettivo, poiché si sviluppa sì interiormente, ma anche, attraverso l'espressione dell'azione del sé, nella dimensione comunitaria ed universale, sia che si condivida la sete di conoscenza e di elevazione che no. Questo viaggio è l'unica via attraverso la quale la creatura, in se stessa e come comunità, può cogliere l'opportunità di crescita, di scoperta e di connessione con il mistero dell'esistenza, un mistero che ci unisce e ci invita a superare i confini della nostra finitezza.
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