venerdì 8 agosto 2025

La Saracinesca Chiusa: L'Agorà dell'Assenza

La scena è un quadro di Giorgio de Chirico, dipinto con i colori sbiaditi del solleone cittadino. L'aria è ferma, densa di un calore che opprime i pensieri e rallenta i passi. Il rumore si è ritirato, lasciando il posto a un ronzio indistinto che è l'unico accompagnamento di questo purgatorio d'asfalto. E in questo vuoto sonoro, la saracinesca chiusa di un negozio non è solo un oggetto di metallo: è il centro nevralgico di una dimensione innaturale.
È lì che si raduna l'umanità dispersa, quella che la corrente delle vacanze non ha trascinato via. I pochi, i rimasugli, gli "esemplari" che, privati dei loro punti di riferimento consueti, sono costretti a confrontarsi con una realtà scomoda e rarefatta. Non più la folla anonima dei pendolari o la calca dei consumatori, ma una galleria di figure a sé stanti: la signora che chiede per l'ottava volta "Ma è chiuso anche oggi?", il ragazzo che gira a vuoto sul monopattino, io, e un altro, un uomo in cerca di un'ombra.
Quella saracinesca diventa un'agorà inconsapevole, un palcoscenico su cui si proietta il dramma silenzioso della solitudine. La frustrazione iniziale di trovare il negozio chiuso si scioglie in un pretesto per fermarsi, per incontrare uno sguardo, per scambiare due parole. È qui che avviene la vera compravendita: non di merci, ma di storie e di riconoscimenti.
Il Cane, il Figlio e la Verità Sotto il Sole
È in questo spazio surreale, a un metro dal metallo zigrinato, che ho incontrato uno di quegli esemplari umano-canini. Il suo cane, scodinzolante e sornione, era la sua ombra, la sua ancora, la sua verità. E lui, guardandomi con una stanchezza che non era solo fisica, ha aperto la porta di una confessione amara e disarmante.
Mi ha detto che si sentiva più amato dal suo cane che dal figlio. Ha usato parole taglienti come schegge: il cane, mi ha detto, è un testimone vivo, concreto, quotidiano dell'amore che gli è rimasto. Il figlio, invece, è un'idea, una voce lontana in una telefonata, un volto su un profilo social. La sua presenza è un'astrazione, un atto di fede. L'amore del cane è reale: un respiro, un tocco, una fedeltà che non conosce vacanze o distanze. Non un amore migliore, ma un amore più presente.
In quel momento ho capito. Quella saracinesca non era solo la soglia di un negozio, ma la soglia di una rivelazione. La solitudine estiva, che spoglia la città dei suoi rumori e dei suoi riti, spoglia anche l'animo delle sue maschere. Costringe a ridefinire il significato di presenza, di affetto, di verità. E in questo silenzio assordante, un cane che ti guarda negli occhi è un tesoro che non si compra né si vende.
La nostra elegia non è un lamento per ciò che è chiuso, ma una celebrazione agrodolce di ciò che si apre inaspettatamente: la possibilità, in mezzo al caldo e alla noia, di ritrovare una dignità umana e animale che il rumore del quotidiano ci fa dimenticare.
Enrico Franceschetti
*Questo testo è rilasciato sotto licenza Creative Commons* Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale (CC BY-NC 4.0)

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