Sai, c’è un Francesco che ho imparato a conoscere nel mio cuore, un Francesco che è diverso da quello che ci hanno raccontato. Non è solo un santo, ma un uomo, un fratello, un amico che ha saputo vivere con una profondità e una passione che mi parlano ancora oggi. È il Francesco che non aveva paura di essere se stesso, di essere amato e di amare, in un modo che supera ogni definizione. Questo è il mio Francesco.
La sua storia non inizia con il distacco, ma con un profondo radicamento nel mondo. La sua vita non fu un lampo improvviso, ma un lento fiorire, un cammino che mi ha insegnato che ogni passo, anche quello che sembra sbagliato, ci porta più vicini a noi stessi. La sua giovinezza non fu quella di un poverello, ma di un giovane ricco e vivace, che amava la poesia dei trovatori e sognava la gloria della cavalleria. Fu sua madre, Madonna Pica, a parlargli con il cuore, a trasmettergli il francese melodico e la sensibilità che lo avrebbe reso un "re" tra i suoi coetanei, un animatore di feste e un innamorato della vita.
E poi ci fu l'aspirazione cavalleresca, un sogno che lo condusse a cercare un onore più alto. Le sue avventure non lo resero un guerriero, ma il suo spirito combattivo non morì. Anzi, si trasformò in una battaglia spirituale. Le leggende, che lo collegano a una possibile formazione templare, mi sussurrano che i suoi ideali di obbedienza, povertà e castità non furono un'invenzione, ma la sublimazione del suo desiderio di combattere per un ideale più grande: l'amore e la verità.
Infine, la spoliazione. Quell'atto così potente, così assoluto, non fu un gesto di sconfitta o di umiltà passiva, ma un atto di potenza e di coraggio. Francesco non si stava spogliando solo dei suoi vestiti e dei beni paterni; si stava spogliando dell'identità che il mondo gli aveva imposto. In quel momento, nudo di fronte al vescovo e alla folla, non stava semplicemente "uscendo dal mondo", ma stava affermando di appartenere a un'altra dimensione, a un ordine cosmico che supera la materia.
La spoliazione, in questa prospettiva, è l'atto di nascita del "mio" Francesco.
Francesco abbandona il "tutto" materiale del padre (il denaro, le stoffe, il prestigio) per abbracciare l'Uno spirituale. È un atto alchemico: la materia viene trasmutata in spirito. Non è un rifiuto del mondo, ma una sua riaffermazione in una dimensione più alta e più vera.
Con l'atto di spoliazione, Francesco dichiara che la sua vera famiglia non è più quella terrena, ma quella spirituale. Si libera del nome e dell'eredità del padre per abbracciare un'identità universale che lo lega a ogni creatura, a ogni elemento, a ogni albero. È una rottura per unire, una perdita per un guadagno infinitamente più grande.
Questa lettura trova poi la sua massima espressione nel Cantico delle Creature. Il "Fratello Sole", "Sorella Luna", "Frate Vento" non sono solo figure retoriche. Sono la prova che la spoliazione non ha alienato Francesco dal mondo, ma anzi lo ha riconnesso ad esso in un modo più profondo e intimo. L'universo intero diventa la sua famiglia, e ogni creatura la sua compagna di viaggio.
Il Messaggio Nascosto nel Crocifisso
C’è un momento, fra i tanti che hanno contraddistinto l'inizio della sua storia, che mi ha sempre commosso, uno di quelli che hanno cambiato tutto. Non fu un lampo di luce, ma un sussurro, un invito sussurrato al suo cuore. Nel silenzio della chiesetta di San Damiano, un Cristo Vittorioso e sorridente gli parlò. E' molto importante. Quel Cristo non era morto, con il capo reclinato, sfinito dal dolore e dalle sofferenze, Era vivo, trionfante sulla morte. E non era il volto di un severo giudice, ma di un amico, con le braccia aperte in un abbraccio universale. Se lo guardiamo con gli occhi dell'anima, in quelle fattezze possiamo scorgere anche un "terzo occhio", il simbolo di una visione interiore che vede oltre la superficie delle cose.
Il messaggio fu chiaro: "Va' e ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina". Francesco, anche se con qualche iniziale fraintendimento, capì che il suo compito non era quello di ricostruire un edificio di pietra, ma la Chiesa spirituale, un'architettura di anime che si era allontanata dal suo fondamento di amore e di povertà. Le sue mani, che un tempo si erano strette intorno ad una spada, si misero a lavorare la pietra, in un atto d'amore che era, in realtà, la sua preghiera più profonda. In quell'umile mestiere di "muratore", egli si univa, in spirito, a tutti gli artigiani che, nei secoli, hanno costruito le cattedrali. Tale dovere incombe ancora oggi, sui "muratori" eredi di quelli.
Mammo Elia, Sorella Chiara e Frate Jacopa
Nel suo cammino Francesco non fu mai solo. Il suo cammino è illuminato da figure che hanno saputo amarlo e comprenderlo in modi unici e profondi. Frate Bernardo di Quintavalle, che fu il primo a seguirlo. Frate Pietro Cattani, giurista e secondo a unirsi a Francesco. Frate Egidio, noto per la sua famosa frase: "L'uomo non ha bisogno di conoscere molto, ma di amare molto."
E poi Frate Sisto, Frate Masseo, Frate Rufino e Frate Leone, a cui Francesco si rivolse in punto di morte.
Tre figure però spiccano su tutte le altre. Frate Elia, a lungo condannato dalla Chiesa e dalla storia ufficiale, per lui è stato il "Mammo". Francesco lo ha sempre sentito al pari di una figura materna, un rifugio. Frate Elia era un uomo di grande cultura e, secondo alcune tradizioni, anche un alchimista, alla corte di Federico II, ma al di là di questo, il suo compito più grande fu quello di accudire e proteggere Francesco. Quella che la storia chiama politica, a me sembra un atto di amore e premura, un tentativo di proteggere il suo fratello, fragile e malato, dalle tempeste del mondo. I simboli esoterici che si dice abbia disseminato nella Basilica di Assisi, ed anche nella sepoltura del suo amico, sono per me la sua firma d’amore, un messaggio nascosto che sussurra la verità a chi sa ascoltare.
Poi, non meno fondamentali, due donne, due anime che lo hanno amato in modi diversi ma complementari. Chiara, la sua prima e più fedele compagna di viaggio, il suo amore mistico, il suo specchio femminile, rappresenta la forza e la resistenza spirituale. La sua lotta per mantenere intatta la Regola di povertà mi insegna che l'amore non è solo tenerezza, ma anche coraggio e determinazione.
Ma, ancora più vicina, c’è stata Jacopa dei Settesoli. Una nobildonna che, pur nella sua ricchezza, incarnò l'amore incondizionato che tanto affascinava Francesco. La sua storia mi parla di un amore che va davvero oltre ogni norma. Lui la chiamava "frate" Jacopa, un gesto d'affetto rivoluzionario per i tempi, che riconosceva in lei un'anima pari, una compagna di viaggio. Lei non cercava la povertà materiale, ma l'intimità del suo cuore, offrendogli un conforto che nessun altro poteva dargli, nemmeno con piccoli piaceri come i suoi biscottini. Non era una sorella, ma, appunto, una compagna. A lei, lui si rivolge sul letto di morte, chiedendole per favore "quei biscottini che sai mi piacciono tanto". E lei corre da lui, ed entra nella sua cella appena prima il momento del transito, unica donna mai ammessa a tanto.
Il loro legame raggiunge il culmine proprio nel momento più fragile di Francesco. Tommaso da Celano, in un passo che mi emoziona ogni volta, ci racconta di Jacopa inginocchiata al capezzale del santo, che lo accarezza "come la Maddalena aveva fatto con Gesù". Egli scrive:
“Mentre egli giaceva malato, la signora Jacopa dei Settesoli, come gli angeli, si presenta, anche se le donne erano escluse dal luogo dei frati. Ella aveva ricevuto un biglietto da frate Francesco, che le chiedeva di venire, ma era già in cammino per virtù dello spirito. E ella giunse con una tale ansia che, al vedere il suo amato maestro moribondo, non riuscì a trattenere le lacrime. Egli, allora, le disse: «Sorella carissima, non piangere, ché vedrai presto il mio gaudio e il mio riposo». E mentre la donna piangeva, si chinò sul suo volto e lo carezzò con i suoi capelli, come la Maddalena aveva fatto con Gesù.”
Questo paragone non è casuale. Evoca una dimensione di femminile sacro e di amore che la Chiesa ha spesso tentato di velare. Maria Maddalena, nella tradizione gnostica, era la "compagna di Cristo", l'unica a comprenderne appieno la dottrina. Allo stesso modo, Jacopa incarna per Francesco il ruolo di un'anima gemella, capace di un amore che si manifesta nella cura e nella tenerezza.
Il Viaggio e il Mio Amore per Francesco
La grandezza di Francesco non si misurò nelle battaglie, ma nell'amore. Il suo viaggio nel 1219 a Damietta, in Egitto, non fu un'impresa di conversione, ma un atto di profondo dialogo. Il suo incontro con il Sultano al-Kamil fu un'unione di cuori che si riconoscevano nella ricerca della verità, un evento che dimostra come l'amore e la pace possano vincere la spada, creando un ponte spirituale di riconoscimento reciproco.
Ecco. Francesco non ha mai rinunciato ai suoi ideali. Li ha vissuti. Li ha testimoniati. Ma senza giudizi e condanne. Con amore e luce.
La sua adozione del Tau fu un simbolo di umiltà e di accettazione della croce di Cristo come via di salvezza. Cristo che fu il primo a testimoniare il proprio amore attraverso la sua vita, e la sua straziante morte. Al di là dell'aspetto teologico, la realtà della sua concretezza è già infinitamente potente e Francesco la condivise, in un tempo storico documentato e documentabile.
Il suo Testamento, scritto poco prima di morire, fu il suo ultimo, accorato appello: "Ritornate alle origini, alla nostra povertà e al nostro amore". Un monito che mi parla direttamente, un invito a cercare la verità non nei libri o nelle istituzioni, ma nel mio cuore, a vivere con coraggio, dolcezza e un profondo amore per tutte le creature.
Francesco non è un santo del passato. È un amico che mi prende per mano, un maestro che mi guida in un viaggio interiore, a riscoprire la mia anima e a diventare il vero "muratore" del mio mondo, un mondo dove la povertà è ricchezza, l'amore è una forza e il dialogo una via di pace.
Questo testo è rilasciato sotto licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale. Sei libero di riprodurlo e distribuirlo, a condizione di: Menzionare l'autore e la fonte originale; Non usarlo per scopi commerciali; Non alterarlo o trasformarlo.
Nessun commento:
Posta un commento